L’Eco del Silenzio Spaziale
C’è un silenzio particolare che circonda Starfield in questi giorni. È il silenzio dell’hype svanito, il vuoto lasciato da un gioco che doveva definire una generazione e che, invece, sembra essere quasi sparito dai radar.
Qui su gametoday.it, ricordo perfettamente il giorno del lancio su PC. C’era elettricità nell’aria. L’attesa, alimentata da anni di promesse, era quasi insostenibile. Bethesda, i creatori di Skyrim, ci avevano promesso l’impensabile: “Skyrim nello spazio”. Un universo infinito da esplorare, la libertà totale di Bethesda applicata alla frontiera finale.
Quello che abbiamo ricevuto, almeno per noi giocatori PC, è stato un brusco risveglio.
Non è stato solo un lancio deludente. È stato, per molti versi, un passo indietro.
Dopo centinaia di ore di gioco, analizzando non solo la trama ma anche la filosofia di design e, soprattutto, la performance tecnica, la conclusione è amara. Starfield non è “Skyrim nello spazio”. È un gioco vasto, a tratti anche bello, ma la cui ambizione ha superato di gran lunga l’esecuzione. È la prova che, forse, l’idea era semplicemente troppo grande per Bethesda, e che la magia che ha reso Skyrim immortale non è così facile da replicare.
Il Disastro Tecnico (L’Esperienza PC del Day 1)
Come testata focalizzata anche sull’hardware, non possiamo iniziare un’analisi di Starfield senza parlare dell’elefante nella stanza: la performance al lancio su PC.
Ero pronto. Come molti di voi, avevo preparato il mio PC, una macchina più che capace. Con una NVIDIA 3070ti, non mi aspettavo miracoli in 4K, ma la promessa dei 60 fps stabili in 2K a impostazioni Ultra sembrava un obiettivo ragionevole.
La realtà? Un disastro tecnico.
Le prime ore di gioco non sono state un viaggio tra le stelle, ma una battaglia frustrante contro lo stuttering e un frame rate incostante. Faticavo a tenere i 60 fps in 2K a Ultra, con cali inspiegabili nelle città (come New Atlantis) e una sensazione generale di “pesantezza” che rendeva il gunplay quasi ingiocabile.
Il colpevole, ovviamente, era palese: la totale, inspiegabile assenza del DLSS (Deep Learning Super Sampling) di NVIDIA al lancio.
In un’epoca in cui FSR, DLSS e XeSS sono standard industriali, lanciare un titolo così pesante senza la tecnologia di upscaling più popolare al mondo è stata una dichiarazione di arroganza, o peggio, di incompetenza tecnica.
E, come da tradizione Bethesda, chi ha salvato la situazione? La community.
Ancora prima che Bethesda riconoscesse il problema, siamo dovuti andare su Nexus Mods a scaricare una mod amatoriale per implementare il DLSS. E funzionava. Funzionava alla grande. Il fatto che un singolo modder, nel suo tempo libero, sia riuscito a implementare una soluzione che un team multimiliardario aveva “dimenticato” la dice lunga sulla qualità del controllo qualità pre-lancio.
Certo, Bethesda lo ha implementato in modo ufficiale settimane dopo, e la situazione è migliorata. Ma la prima impressione, quella che conta di più, era già compromessa. Era un gioco che sembrava ottimizzato con il martello, non con il bisturi.
La Sindrome dei “Mille Pianeti Vuoti”
Ma il problema tecnico, per quanto grave, è solo la superficie. Il vero “passo indietro” di Starfield non è nel suo codice, ma nella sua anima.
Ci avevano promesso Skyrim nello spazio. Avevamo sognato di atterrare su un pianeta alieno e, camminando, scoprire una grotta, che portava a un dungeon, che nascondeva una quest, che apriva una linea narrativa unica. Questo è il “Bethesda Game Loop”.
Starfield ha rotto questo loop. E lo ha rotto con la sua stessa ambizione.
Non ho capito la strategia di Bethesda: perché offrirci centinaia, migliaia di pianeti, se poi la maggioranza di questi sono vuoti?
Nel nostro precedente editoriale su Skyrim, abbiamo definito quel gioco “il Re incontrastato” perché il suo mondo è “vivo”. Ogni punto sulla mappa di Skyrim è stato messo lì a mano. Ogni dungeon ha una storia. L’esplorazione è gratificante perché sai che se vedi una rovina in lontananza, vale la pena raggiungerla.
In Starfield, l’esplorazione è morta.
È stata sostituita da un sistema procedurale che genera avamposti “copia-incolla” e caverne identiche su pianeti desolati. Dopo aver visitato il terzo “Laboratorio Scientifico Abbandonato” con la stessa identica disposizione dei nemici, la voglia di scoprire il quarto svanisce.
Questa filosofia del “più grande è meglio” ha sacrificato la densità. Avrei preferito molti meno pianeti, ma fatti meglio. Avrei preferito 5 sistemi solari curati a mano, densi di storie e segreti, piuttosto che 1000 pianeti vuoti generati da un algoritmo.
Il “viaggio” in Skyrim era l’avventura. Il “viaggio” in Starfield è una serie di menu di caricamento: Apri mappa -> Seleziona sistema -> Guarda cutscene -> Seleziona pianeta -> Guarda cutscene -> Seleziona punto di atterraggio -> Guarda cutscene.
Il senso di meraviglia si è rotto.
Il Gunplay “Corretto” Non Salva il Gioco
Dobbiamo essere onesti: non tutto è da buttare. Il lavoro svolto da id Software (gli sviluppatori di DOOM) sul motore di Fallout 4 si sente tutto.
Il gunplay di Starfield è corretto. È, senza dubbio, il miglior sistema di combattimento che Bethesda abbia mai prodotto. Le armi hanno un buon feedback, la balistica è solida e la sensazione di sparare è gratificante. Anche il combattimento spaziale, sebbene non profondo come un simulatore, è divertente.
Ma un buon gunplay non fa un buon RPG.
Il problema è che Starfield ci dà ottimi strumenti per combattere, ma poche ragioni memorabili per farlo. Le fazioni sono interessanti (la Crimson Fleet è forse la migliore questline), ma la trama principale è una delle più deboli mai scritte da Bethesda. È una caccia al tesoro filosofica che non decolla mai, guidata da personaggi piatti e un antagonista dimenticabile.
Ci aspettavamo molto di più. Ci aspettavamo personaggi come Paarthurnax o Jarl Balgruuf. Abbiamo ricevuto… un gruppo di esploratori educati.
Conclusione: L’Eredità Dimenticata
Forse, come abbiamo detto, l’idea era semplicemente troppo grande per Bethesda. Forse lo studio che ha creato la densità di Morrowind e Skyrim non è lo stesso studio in grado di gestire la vastità dello spazio.
La prova più schiacciante, più di ogni recensione o analisi tecnica, è il silenzio.
A pochi mesi dal lancio, di Starfield non se ne parla quasi più. Non ha generato la cultura di meme, le storie epiche o le discussioni infinite che Skyrim genera ancora oggi, a quattordici anni di distanza.
Skyrim è un classico immortale perché, nonostante i suoi difetti tecnici, ha un cuore pulsante. Starfield è un colosso tecnico (ora patchato), ma freddo.
Non è un brutto gioco, sia chiaro. È un solido 7/10. Ma da Bethesda, i padri del genere, un 7/10 non è abbastanza. È un passo indietro, e la community se n’è già dimenticata, tornando a giocare (ironicamente) a Skyrim moddato.

